Spirano venti di tempesta sulla valuta statunitense, e la volatilità continua ad aumentare. In questo contesto, alcuni analisti prevedono un crollo del dollaro USA, mentre altri, al contrario, hanno fiducia nella sua ripresa. Una cosa è certa: quello che una volta era un armonioso sistema di forte sostegno al dollaro è fallito, e questo influisce negativamente sullo stato del mercato globale.
Secondo gli esperti, nella prima metà del 2025 il dollaro potrebbe mostrare i risultati peggiori dal 1986. Si ha l'impressione che le vendite dell'USD stiano avvenendo in tutto il mercato globale, con un conseguente impatto su tutte le classi di asset.
Gli investitori di tutto il mondo stanno gradualmente riducendo i propri investimenti in asset denominati in dollari. Su tali presupposti, il biglietto verde è sceso in modo significativo rispetto al paniere delle principali valute, tornando al livello più basso negli ultimi 3 anni e mezzo. La situazione continua ad essere esplosiva per il dollaro. Nella giornata di martedì 24 giugno, la coppia EUR/USD ha navigato intorno a 1,1595, rimanendo nella fascia attuale, ma cercando al contempo di superarla.
Secondo gli strateghi valutari di Bank of America, i principali motori della vendita di USD nel secondo trimestre del 2025 sono stati gli investitori europei quali i fondi pensione e le compagnie di assicurazione, che hanno ridotto le loro posizioni in dollari al livello più basso dal 2022. Tutto ciò è avvenuto nel giro di poche settimane, e la tendenza continua.
La situazione attuale, tuttavia, non è poi così univoca. Mentre gli investitori europei hanno aumentato i propri coefficienti di copertura contro il dollaro, la maggior parte del declino della valuta statunitense negli ultimi mesi è avvenuta durante le sessioni asiatiche. Tale tendenza suggerisce che i detentori asiatici di obbligazioni statunitensi potrebbero aumentare le loro coperture in dollari.
Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, gli investitori stranieri possiedono ora titoli statunitensi per un valore di circa 31 trilioni di dollari, di cui 17,6 trilioni su azioni e 13,6 trilioni su obbligazioni. Ciò equivale a quasi il 18% del volume totale del mercato azionario USA, sottolineano gli analisti. Allo stesso tempo, gli investitori della zona euro detengono il 25% delle azioni americane. Occorre notare che negli ultimi anni essi hanno investito attivamente in titoli americani. Questo influisce negativamente su alcuni asset considerati "beni rifugio", in primo luogo sul dollaro. Secondo gli analisti di UBS, questa situazione rende la valuta USA "particolarmente vulnerabile" nel momento in cui Wall Street continua a rimanere indietro rispetto ai mercati europei e asiatici.
Sgambetto al dollaro: è possibile una massiccia dismissione dell'USD?
Secondo gli esperti, negli ultimi dieci anni gli investitori europei hanno aumentato notevolmente i loro investimenti in obbligazioni statunitensi, soprattutto nel periodo 2014-2022, quando i tassi di interesse della BCE erano negativi. Tuttavia, gli investitori asiatici hanno ancora un'influenza significativa sul mercato obbligazionario statunitense, giacché detengono circa un terzo dei titoli del Tesoro e del debito delle agenzie statunitensi in mano straniera. Gli esperti avvertono che nel prossimo futuro queste cifre potrebbero aumentare.
Nello scenario peggiore, ovvero in caso di un ulteriore e significativo indebolimento del dollaro, potrebbe verificarsi una massiccia dismissione di asset e dollari statunitensi. Un'opzione così pessimistica è però poco probabile. Ma non può comunque essere del tutto esclusa.
Secondo gli esperti, ora la maggior parte degli asset statunitensi appartiene agli investitori del settore privato, che negli ultimi anni hanno preso il posto delle banche centrali come acquirenti principali. Il settore privato è più sensibile al prezzo degli asset rispetto al settore pubblico. Di conseguenza, le posizioni di tali investitori potrebbero rivelarsi meno stabili, e questo influenzerebbe negativamente la dinamica del mercato globale.
È possibile un'inversione al rialzo del dollaro USA?
Al momento molti analisti dubitano del fatto che il dollaro sarà in grado di recuperare e riconquistare la propria leadership nel mercato globale. Sul lungo termine, tuttavia, questa prospettiva è molto probabile.
Negli ultimi tre anni, l'indice dollaro (DXY) ha aggiunto quasi il 2% rispetto ai minimi fissati all'inizio di giugno 2025. L'inversione del sentimento nei confronti degli asset americani è stata favorita dall'escalation del conflitto Iran-Israele. La pressione sulla valuta statunitense era stata registrata già all'inizio del 2025, mentre da aprile sono diventati più frequenti gli episodi di calo simultaneo del dollaro e dei mercati azionari e obbligazionari statunitensi.
Tale combinazione è rara nei mercati dei paesi sviluppati, poiché implica sfiducia nei confronti dell'economia. Tuttavia, si tratta di una configurazione che in America non si è registrata per decenni. È in questo contesto che sono sorti dubbi sulla solvibilità del governo USA, con l'oro che ha assunto il ruolo di "porto sicuro".
Il dollaro rimane comunque determinato a riconquistare il proprio status di principale asset difensivo. Stando ai dati tecnici, l'ipervenduto raggiunto in aprile sarà seguito da un aggiornamento dei minimi, dopodiché sarà possibile un'inversione del DXY. All'inizio di maggio l'indice del dollaro non è riuscito a consolidarsi a livelli superiori al 100, ma la tendenza alla ripresa rimane all'ordine del giorno. La valuta statunitense è ancora in grado di andare oltre i limiti esistenti e superare l'intervallo corrente. Gli analisti si concentrano sulla resistenza rappresentata dalla media mobile a 50 giorni del DXY, che rimane valida dal febbraio di quest'anno. Ciò alimenta la speranza di un recupero del dollaro in un orizzonte di pianificazione di medio-lungo termine.
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